Dal nord Europa alla Sardegna: la cucina dello chef Giuseppe Barracu è fantasiosa, parla sardo e si ispira alle sue esperienze nel nord Europa
Al ristorante Il Mattacchione a Olbia non ci si arriva per caso, ma perché si sa esattamente il luogo in cui ci si sta recando. In una via defilata dal centro, Il Mattacchione è il ristorante di Giuseppe Barraccu e Rossella Meloni. Questa sede l’hanno scelta con intenzione, perché il loro intento è farsi trovare da chi ricerca il viaggio a tavola che sono in grado di far vivere al proprio ospite attraverso ricette frutto di un connubio tra le radici sarde e le esperienze lavorative nel nord Europa di entrambi.
Il Mattacchione, il cui nome deriva dalla loro precedente attività improntata su una cucina più semplice, è un percorso che di matto ha le idee di Giuseppe che trovano però piena logica sul piatto.
Sono stata da loro in una giornata di fine marzo e questo è il racconto del mio pranzo.
Chi sono Giuseppe Barracu e Rossella Meloni de Il Mattacchione a Olbia
Giuseppe Barracu, originario di Bonarcado, in cucina ci è cresciuto, come spesso scopriamo parlando con i cuochi. Si avvicina a questo mondo accanto a suo padre. “Gli stavo sempre vicino in cucina” mi dice, “non so perché ma mi piaceva vederlo tra i fornelli. Quando dovevo iscrivermi alle superiori, io non avevo dubbi su cosa avessi voluto studiare. La mia famiglia sì, in realtà, perciò provarono a mandarmi a un istituto tecnico. Non è andata a buon fine”, racconta ridendo.
La cucina sin da giovane come elemento che guida la sua fantasia, e infatti si iscrive successivamente all’alberghiero di Alghero. È lì che, qualche anno più tardi, incontra Rossella Meloni, oggi sua compagna di lavoro e di vita. Rossella, che in sala accoglie e guida l’ospite con grande eleganza, è originaria di Laconi.
Terminati gli studi e ancora giovanissimi, partirono assieme per due esperienze all’estero: la prima a Londra e la seconda a Copenaghen. “Non eravamo mai stati fuori e ci ha cambiato completamente la vita, sia per la formazione che abbiamo ricevuto dal punto di vista professionale e sia per la visione che ci ha permesso di tracciare del mondo che volevamo crearci”.
Giuseppe e Rossella sono tornati insieme nell’isola, decidendo di aprire un’attività a Olbia, con pareri non troppo favorevoli della famiglia. “Non era semplice e non lo sarà mai in Sardegna ma se nessuno ci prova non si farà mai nulla. Era strano sentire mia madre spaventata dal mio ritorno, proprio lei che quando sono partita si chiedeva se fosse la cosa giusta” racconta Rossella. “Solo che poi nel nord Europa andava tutto molto bene e immaginare di creare qualcosa di così saldo qui in Sardegna sembrava utopia”.
Quell’utopia Giuseppe e Rossella l’hanno resa concreta e tangibile con anni di lavoro, esperienza e cambiamenti che oggi li ha portati ad essere totalmente immersi nel loro progetto del ristorante Il Mattacchione.
La filosofia de Il Mattacchione
Il Mattacchione è un luogo in evoluzione. Era nato circa dieci anni fa come piccola gastronomia. L’idea iniziale era quella di proporre piatti della tradizione che rappresentassero anche alcuni insegnamenti che Giuseppe aveva appreso nelle cucine internazionali. Non è però abbastanza per chi desidera potersi esprimere con la propria fantasia e per chi ha sposato quei principi della cucina e della sala che vorrebbe comunicare attraverso la propria concezione di cultura e nutrimento. “Non ci bastava. Ci siamo resi conto che non eravamo appagati, per cui Il Mattacchione da gastronomia è diventato un ristorante, inizialmente sempre nella stessa piccola sede e evolvendo piano piano la proposta”.
È nel 2019 che fanno il grande salto, passando nella sede attuale e rivoluzionando completamente la cucina. “Abbiamo scelto appositamente di non dare a Il Mattacchione una definizione precisa. Nel precedente locale, eravamo una trattoria moderna, ma qui non abbiamo voluto dargli una connotazione precisa per scelta: cos’è per te? Cosa senti quando sei al nostro tavolo? Ci siamo posti per scelta in una zona in cui non è possibile trovarci per caso: se il cliente viene da noi è perché vuole conoscere la nostra cucina e noi siamo felici di scambiare quattro chiacchiere con lui se lo desidera. Siamo ciò che lui delinea dopo aver assaggiato i nostri piatti”. Ed è per questo che il nome del locale indica solo che c’è estro in cucina.
Un locale che non si da definizioni, ma che si esprime attraverso la creatività di chi lo conduce.
La comunicazione diventa con i piatti de Il Mattacchione un pezzo importante di tutta la proposta. Nostalgici del periodo all’estero, Giuseppe e Rossella utilizzano la comunicazione per entrare in contatto con i tanti clienti stranieri che visitano il loro locale. “A Olbia, sopratutto d’estate, è facile ricevere una clientela internazionale, ci piace molto perché ci permette di confrontarci e di aprire la mente. È un po’ come viaggiare stando fermi, continuando a coltivare qui l’amore per la nostra terra e restituendole quello che ci ha dato”.
Anche il contatto con i fornitori è un aspetto caratterizzante della loro filosofia. Avviene tutto in maniera diretta perché la gestione totale del locale è affidata a loro, con l’aiuto di tre collaboratori tra sala e cucina. Questo consente una conoscenza approfondita di ciò che il territorio offre, seguendo la stagionalità e il desiderio di Barracu di proporre la sua storia e le sue esperienze nei piatti, e in alcuni questo è particolarmente evidente.
A Rossella brillano gli occhi quando parla di ciò che hanno costruito e della costanza nel farlo a loro immagine e somiglianza. È anche grazie alle regole e alla disciplina che si sono imposti e che hanno appreso soprattutto in Danimarca.
Il Mattacchione: l’atmosfera
Che Giuseppe e Rossella abbiano vissuto nel nord Europa e tengano allo stesso tempo strette le proprie radici sarde lo si comprende appena si varca la soglia del ristorante. Ampie (ampissime) vetrate che illuminano il locale, tavoli in legno, sedie in stile scandinavo e arredamento ricercato di diversi artigiani dell’isola.
“Ci piace conoscere persone che creano opere d’arte con cui possiamo abbellire il nostro locale”, mi dice Rossella. “Alcuni pezzi li ha fatti mio padre, come i poggia vivande accanto al tavolo. Li aveva costruiti per la gastronomia e io li ho poi recuperati per questo spazio. Altri, come i piatti, sono creazioni di ceramisti sardi”.
L’ambiente è molto confortevole e l’arricchimento con pezzi così ricercati concede al cliente di immergersi davvero in ciò che ha guidato i due imprenditori nella costrizione di questo progetto.
Il Mattacchione: il menu
Sorprendente, piacevolmente inatteso. Definirei così il percorso a tavola che ho potuto vivere con i piatti di Giuseppe Barracu e la cura in sala di Rossella Meloni.
Si può iniziare con un drink, fra cui diverse proposte firmate Macchia di Emilio Rocchino, di cui ho parlato qui. Io ho scelto un calice di vino e Rossella mi ha proposto Emù, un Vermentino di Gallura superiore docg delle Vigne Tibulas, ad Arzachena.
Il pranzo comincia con un benvenuto dalla cucina in quattro piccoli finger food: sfera soffiata al Gran Campidano,lollipop di ricciola con una camicia di frutto della passione, peperoncino e scalogno in carpione, una coscia di quaglia fritta con salsa barbecue al curry homemade e, per finire, cotenna di maiale soffiata con gambero crudo e yogurt di capra alla menta.
Su loro suggerimento, comincio con la sfera soffiata, intensa e avvolgente con il suo spiccatissimo gusto di formaggio. Il lollipop è una sorpresa: è freddo, un sapore che ricorda l’estate grazie all’abbinamento con il frutto della passione che si sposa perfettamente con il pesce. Ottima la quaglia, ma è la cotenna con gambero a rapirmi per i contrasti di consistenze e il gusto delicatissimo.
Al tavolo, il pane carasau, una sofficissima focaccia di patate e un piccolo panino, tutto preparato da Giuseppe con lunghe lievitazioni e pasta madre.
Il primo antipasto è un bouquet di erbe amare, sesamo tostato, maionese alle acciughe del mar Cantabrico e tuorlo d’uovo marinato in finale, grattugiato sopra. Rucola, cicoria, indivia belga, aglio orsino: le erbe scelte sono tenute in piedi dal cavolo romanesco in carpione. Composizione particolare e piatto semplice ma interessante per il connubio tra la croccantezza e freschezza delle erbe con la grassezza e sapidità della maionese con acciughe.
A seguire, un agnello ipg crudo condito con olio, sale e pepe, con alla base una salsa di mirtillo. Sopra, un’ostrica di Tortolì cotta a 58° per 30 minuti con una soluzione di acqua e sale per ricordare l’acqua di mare. Infine, germogli di nasturzio e fondo bruno. Un piatto in cui si bilanciano la dolcezza e leggera acidità del mirtillo, la tendenza dolce della carne d’agnello, la sapidità dell’ostrica e la piccantezza del nasturzio. È anche un piatto dove ritrovo la Sardegna, della terra al mare, dalla sua delicatezza fino al suo carattere più aspro.
L’ultimo antipasto è un’animella di vitello e liquirizia, servita con salsa vegetale preparata con topinambur. Accanto cavolfiore in carpione ripassato al burro. La tecnica e la fantasia di Giuseppe si evidenziano in ogni piatto. L’animella è prima bollita e poi ripassata al burro e la salsa preparata come fosse un fondo di carne ma che, al posto delle ossa, vede protagonista il topinambur.
Arriviamo al primo e atterriamo nei ricordi di Giuseppe, con un piatto di sua nonna rivisitato. Si parte dalla minestra di patate con cipolla, olio, prezzemolo, brodo e ditalini che mangiava da bambino, per arrivare a un piatto dove la patata è protagonista: ditalini di patate con brodo di patate al forno, cipolla e olio. Brodo molto gustoso e pasta, che pasta non è, tenuta al dente.
Nel menu de Il Mattacchione non ci sono mai cambi radicali, piuttosto adattamenti stagionali dove un ingrediente sostituisce un altro ma l’impronta rimane costante.
Proseguiamo con una tagliatella ripiena con patate e funghi, salsa di asparago selvatico, fondo di piccione, asparago selvatico leggermente scottato e gambero rosso crudo. Molto bella la presentazione e l’idea di tagliatella ripiena.
Il secondo è un filetto di triglia passato al cannello, servito con la sua salsa fatta di scarti del pesce. Si accompagna con cardo in carpione laccato con salsa di soia, arancia e miele e insalatina amara.
Arriviamo al dolce e subito il pre dessert mi colpisce per la ricercatezza e la presentazione. Il primo è una nocciolina con burro d’arachidi leggermente salata, con copertura di burro di cacao e cacao amaro, servita su un vassoio di arachidi. A seguire una ganache al cioccolato fondente con nocciola tostata e polvere di alloro. Infine, nel vassoio più basso, un assoluto di limone, con cremoso al limone, limone fermentato, gel di limone leggermente salato e polvere di limone e una pralina al tiramisu.
Per ultimo il dolce. E che dolce. Strabiliante, la degna conclusione di un pranzo colorato, fantasioso e ricercato. Ciò che arriva al tavolo è un quadro, un’espressione elegante della primavera: piselli, patata dolce e carota aromatizzata alla vaniglia, sorbetto di piselli con i suoi scarti, fiori eduli e ciliegie di Bonarcado sciroppate. Sono le ciliegie dell’albero dello chef e in questa composizione rivedo, come in un veloce fotogramma, tutto il suo attaccamento all’isola e a come abbia reinventato le sue origini e i suoi ricordi nei piatti.
Lo consiglio perché…
Per la grande fantasia di Giuseppe Barracu in cucina e per la possibilità di assaggiare piatti con accostamenti interessanti e insoliti, soprattutto nella nostra isola. Per l’accoglienza particolarmente attenta e la grande professionalità di Rossella Meloni. E per il progetto in sé, dove due giovani professionisti hanno scelto di spendere le loro grandi competenze in un territorio che necessita di talenti come i loro per esprimere le proprie potenzialità gastronomiche.